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La via di Freud: obsoleta, superata, riduttiva, inattuale... Un "ritorno" a Freud, ancora cruciale per interrogarne-rifondarne il paradigma, è difficile da condividere nel campo stesso della psicoanalisi. "I figli di Freud sono stanchi" nel regno dei DSM, dove gli sforzi per render misurabile la soggettività raccolgono scientifico plauso, ma scarsi effetti. E dunque, herr Freud, che dire dei suoi risultati poco verificabili, delle falle dei suoi casi, delle sue costruzioni non oggettivabili, mescolate - chissà! - a qualche suo inconfessato fantasma...? Se la psicoanalisi non è 'buona pratica' di standard condivisi, è ancora accettabile una cura che... non cura? Che divarica guarigione ed esito terapeutico e che impudentemente si dichiara "interminabile"? "Malattia di cui vanta d'essere la terapia", secondo un malizioso aforisma? Il volume interroga alcuni passaggi del corpus freudiano, per scoprirne la posta oggi ben viva: la traiettoria di una questione, che Freud inflessibilmente costruisce, con cui definisce un nuovo campo, concettuale e pratico, quello di un soggetto costruito intorno a una mancanza, tra desiderio e godimento. Campo di un'etica. La scommessa è che alla psicoanalisi si possa rivolgere ancora l'interrogativo del clinico d'oggi, alle prese con una domanda selvaggia, senza soggetto, e insieme con la sua feroce riduzione nella macina di godimenti ininterrogabili, sempre più mortiferi: il discorso delle cure vota la singolarità irriducibile del soggetto all'equivalenza/standardizzazione/scambiabilità delle merci, per farne un "puro consumatore", catturato nel circuito senza tregua dei prodotti, fuori legame. Come raggiungerne la struttura? Come trattarne la perdita? Ritornare a Freud oggi, al realismo con cui considera un inquietante al di là del principio equilibratore del piacere, attualizza la posta che la psicoanalisi può e quindi deve oggi giocare, secondo le incidenze civili della sua clinica, della sua etica.